La fauna - gli ungulati

Il cinghiale, la specie che nessuno conosce

 

RadiotrackingRicattura di un cinghiale marcato

Il titolo? Si, una provocazione, ma non soltanto. Il caso del cinghiale è emblematico, in quanto rappresenta una specie verso la quale spesso l’approccio è “per sentito dire” e,complice l’impatto emotivo che il cinghiale genera sull’immaginario collettivo, ciascuno propone teorie e metodi per arginare i danni alle colture agricole o si lancia in asserzioni a dir poco esagerate sulle capacità riproduttive o motorie della specie. Inoltre molte volte la conoscenza empirica viene estrapolata da contesti ambientali diversissimi. La realtà è che, pur essendo una specie ormai nota anche nei contesti urbani, a livello di comportamento e dinamica di popolazione, ovvero a livello della sua “storia naturale”, quasi sempre non si hanno conoscenze basate su dati organizzati, ma soltanto informazioni parziali che non consentono di orientare azioni gestionali efficaci, basate su criteri scientifici.

Allora, qual’è l’approccio corretto? La base di ogni intervento gestionale su una specie è la conoscenza del comportamento, o di quegli aspetti del comportamento che è necessario conoscere per intraprendere misure di gestione corrette. Nel caso del cinghiale, notoriamente poco visibile essendo la sua attività prevalentemente crepuscolare e notturna, si rendono necessari una serie di progetti di studio integrati tra loro, finalizzati ad acquisire le conoscenze utili a ridurre i danni all’agricoltura e, di fondamentale importanza, a predisporre un modello gestionale che tenga conto dei parametri vitali della specie.

Vediamo quali sono i metodi di studio utili a comprendere questo interessante animale: tenuto conto che, come abbiamo detto, l’obiettivo primario della gestione del cinghiale è la riduzione dei danni all’agricoltura, dovrò cercare di capire l’entità degli spostamenti che gli individui operano sul territorio e, già che ci sono, attuare un metodo valido dal punto di vista statistico che mi permetta anche di sapere quanti animali sono presenti in quella data area e il tasso di sopravvivenza degli individui, soprattutto femmine e giovani. Esiste un singolo metodo di studio che mi possa fornire questi dati? Si, si chiama CMR, ovvero “Cattura, Marcatura, Ricattura”. L’obiettivo è quello di catturare, marcare e ricatturare il maggior numero di individui possibile in una determinata area, della quale ho calcolato l’estensione. Per ottenere un campione significativo dal punto di vista statistico occorre effettuare un numero di catture adeguato, per cui questo tipo di ricerca necessita di alcuni anni per il completamento. Utilizzando speciali gabbie, nell’arco di sei anni l’Ente Parco ha ottenuto i dati utili alla definizione dei seguenti parametri: sopravvivenza, spostamenti e densità. La sopravvivenza rappresenta un dato fondamentale, ed è ottenuto attraverso l’analisi delle ricatture mediante un software specifico: noi abbiamo utilizzato E-Surge, elaborato dall’Università di Lione. I dati sugli spostamenti sono ottenuti sia tramite le ricatture che attraverso la riconsegna della marca auricolare da parte delle squadre di caccia che operano all’esterno dell’Area protetta. La stima della densità, analogamente a quella di sopravvivenza, è effettuata, stante un congruo numero di campioni e la correttezza della procedura di studio, con l’utilizzo di appositi software.

Un altro parametro utile alla gestione è quello della produttività, che si effettua tramite l’analisi degli organi riproduttivi dei capi abbattuti negli interventi di controllo. Attraverso questi studi è ad esempio possibile comprendere a che età inizia il ciclo riproduttivo nelle femmine e quanti piccoli possono nascere in media ogni anno. Quest’ultimo parametro si definisce “natalità potenziale”.  Unendo questo dato a quello della sopravvivenza, posso conoscere la “natalità realizzata”, ovvero quanti giovani davvero sopravvivono ogni anno. E’ questo un nodo fondamentale per la gestione, in quanto in tal modo posso calibrare gli interventi di controllo sulla reale produttività della popolazione, rispettandone l’ecologia.: ad esempio posso evitare di eccedere nel prelievo in annate sfavorevoli alla sopravvivenza dei piccoli (dato ottenuto correlando i dati di produttività all’andamento meteorologico). Occorre inoltre tenere conto, nel programmare i piani di controllo, che il cinghiale rappresenta una preda fondamentale per il lupo: è pertanto necessario calibrare in modo appropriato gli interventi di abbattimento dei cinghiali al fine di evitare una eccessiva sottrazione di prede.

 

 

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.