Appennino News

Manifestazione di interesse per il riconoscimento delle Pratiche locali tradizionali (PLT) legate al pascolo

L’ente di gestione delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese ha approvato il 9 marzo scorso la Proposta di individuazione di aree interessate dalle Pratiche Locali Tradizionali (PLT) legate al pascolo, nel contesto delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese.

Il documento è stato spedito alla Direzione Agricoltura e Cibo della Regione Piemonte e ad  ARPEA (Agenzia Regionale Piemontese per le Erogazioni in Agricoltura) per avviare la discussione finalizzata al riconoscimento eventuale delle porzioni di territorio da inserire tra quelle catalogate come “Prato permanente”.

mandria di bovini “piemontesi” in alpeggio nel Parco Capanne di Marcarolo – foto Daniela Lenti

Cosa sono i prati permanenti 

Per prati permanenti si intendono le superfici a prato e pascolo permanente utilizzate per la produzione di erba o di erbacee da foraggio, spontanee o coltivate, e non comprese nell’avvicendamento dell’azienda da cinque anni o più.

Per definizione possono comprendere altre specie arbustive e arboree ma l’erba e le altre piante da foraggio devono essere predominanti.

Tuttavia il regolamento delegato (UE) n. 639/2014 della Commissione dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha stabilito che nei prati permanenti possono essere incluse anche le porzioni di territorio interessate dalle pratiche locali tradizionali; possono quindi essere considerate le superfici destinate comunemente al pascolo tradizionale e le superfici dove la componente erbacea non è prevalente ma di importanza per la conservazione degli habitat e delle specie di cui alla direttiva “Habitat” 92/43/CEE e alla direttiva “Uccelli” 2009/147/CE e per l’allevamento tradizionale dell’Appennino.

vacca “piemontese” al pascolo nel Parco Capanne di Marcarolo – foto Daniela Lenti

Cosa sono le Pratiche Locali Tradizionali (PLT) legate al pascolo

Il regolamento n. 639/2014 della Commissione Europea ha stabilito che le Pratiche Locali Tradizionali (PLT) nel caso dei prati permanenti sono quelle che vengono utilizzante tradizionalmente come pascolo nei terreni sui quali la componente erbacea può non essere prevalente e che ha una componente arborea-arbustiva fino al 70% 

Le Pratiche Locali Tradizionali (PLT) potrebbe essere un’ottima opportunità per la zootecnia delle Aree protette dell’Appennino Piemontese che presenta una superficie forestale diffusa. Attraverso la reinterpretazione delle complesse norme di gestione delle Pratiche locali tradizionali gli allevatori locali potrebbero accedere in maniera più agevole ai pagamenti Pac e ai contributi su misure agroambientali, per la pratica del  pascolamento di mandrie e delle greggi secondo la pratica locale tradizionale della conduzione in aree boscate e di macchia mediterranea.

Nel territorio delle Aree protette dell’Appennino Piemontese l’allevamento tradizionale è assai diffuso: nelle valli Curone e Borbera possiamo trovare bovini pre la produzione della “carne all’erba” e bovini e ovi-caprini da latte per la produzione del Montebore, della Mollana e altri formaggi tipici; in Val Lemme-Gorzente-Piota l’allevamento è prevalentemente bovino sia da carne con la razza “Piemontese” sia da latte per la produzione della “Formaggetta delle Capanne”; infine nelle langhe astigiane-alessandrine la produzione tipica è la Robiola di Roccaverano che ha contribuito al recupero della razza caprina locale di Roccaverano.

capre per la produzione della Robiola Roccaverano (razze “Roccaverano” e “Camosciata“) – foto cooperativa La Masca di Roccaverano

Perché è importante il riconoscimento delle Pratiche locali tradizionali (PLT)  legate al pascolo

L’individuazione di queste aree nel contesto delle Pratiche locali tradizionali, permetterebbe un riconoscimento culturale alla micro economia montano appenninica, la quale ha come tradizione la pratica di un pascolo arborato o semi-arborato bovino e ovi-caprino, dove la percentuale di copertura arbustiva e arborea risulta elevata. 

Per questo motivo, l’individuazione a norma di legge delle PLT può rappresentare uno strumento fondamentale per la sopravvivenza delle aziende agro-zootecniche di presidio, fondamentali per il mantenimento della biodiversità e dell’agro ambiente montano. 

L’indicazione da parte della Regione Piemonte degli estremi catastali delle aree interessate dalle Pratiche Locali Tradizionali legate al pascolo, al fine di inserirle nel sistema di identificazione delle parcelle agricole (SIPA), è la condizione necessaria per consentire agli allevatori interessati, con la presentazione della domanda di assegnazione dei diritti all’aiuto, di poter includere fra gli ettari ammissibili anche le superfici interessate dalle Pratiche Locali Tradizionali, permettendo l’ammissibilità a contributo di superfici, spesso fasce arborate o pascoli arborati. 

Gli ambienti aperti quali praterie da foraggio e prato-pascoli, incluse le fasce arborate nei pressi delle frazioni, oltre a rappresentare in molti casi habitat CE prioritari, ospitano la gran parte delle specie di interesse comunitario presenti, nonché le specie di uccelli inseribili nel “Farmland Bird Index” UE riferito alla condizionalità espressa nella Politica Agricola Comunitaria e ai contributi PAC. L’assetto ambientale tradizionale (agroambiente) è infatti quello che garantisce la maggiore biodiversità, la quale risulta “man dependent”, ovvero legata alle pratiche tradizionali. 

vitello razza Limousine nel pascolo nel Parco Alta Val Borbera – foto Az. Agr. Flavio Franco

La proposta di Identificazione sperimentale nella ZSC IT1180011 “Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà” 

L’area individuata per la sperimentazione della proposta è la ZSC IT1180011 “Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà” la quale presenta caratteristiche idonee risultando inserita in un contesto agro ambientale economicamente marginale ma fondamentale per l’economia pastorale locale e per il mantenimento degli ambienti aperti tradizionali, come le fasce arborate pascolate e gli ambienti di mosaico con bosco e arbusteto. Lo strumento di pianificazione vigente risulta il Piano di gestione della ZSC, il quale comprende un Piano Forestale Aziendale che individua 370 ha a potenziale gestione silvo-pastorale con la previsione di attività forestali integrate a quelle pastorali con anche  il pascolo in bosco, fermo restando il divieto di trasformazione. L’orientamento gestionale della compresa può risultare inoltre funzionale ai fini del recupero di habitat aperti di interesse comunitario.