Attività Ecomuseo Cascina Moglioni

WORKSHOP RETE ECOMUSEI PIEMONTESI “ECOMUSEI E BIODIVERSITÀ – UN RAPPORTO EQUILIBRATO TRA LE RISORSE NATURALI E GLI USI DEL TERRITORIO”

La registrazione integrale del workshop è disponibile sul canale YouTube dell’Ente di gestione delle Aree protette dell’Appennino piemontese

L’ecomuseo è un museo dell’uomo e della natura
​​​​​Georges-Henri Rivière, Archives ICOM, 13 gennaio 1976

Gli ecomusei da sempre sono impegnati nella ricerca di un proficuo equilibrio tra le attività antropiche e la tutela ambientale. Si tratta di un percorso, iniziato ormai più di 50 anni fa, che si è focalizzato in particolare sulla valorizzazione delle pratiche tradizionali, avvalorate da più recenti studi scientifici, come strumento di interpretazione e di gestione ecologica dei territori. Già coloro che avevano contribuito alla nascita dei primi ecomusei si erano resi conto infatti che lo stato di integrità degli ambienti naturali, più o meno modificati dalla mano dell’uomo, era una condizione indispensabile per una reale giustizia sociale e che un approccio rispettoso nei confronti della natura diventava paradigma di democrazia tra gli esseri umani. L’obiettivo della giornata è stato quello di condividere quelle “esperienze di biodiversità” effettuate dalle diverse realtà ecomuseali piemontesi negli ultimi anni e nel definire ulteriori e future strategie che i singoli ecomusei e l’Associazione degli Ecomusei del Piemonte si prefiggono di mettere in campo. Tre le aree tematiche indagate durante il workshop: NATURA – il valore della biodiversità degli ambienti naturali per le comunità umane; AGRICOLTURA – le pratiche locali di qualità e non intensive come strumento di tutela della biodiversità agricola, dei prodotti tipici e delle razze locali; CULTURA – la diversità culturale come strumento di interpretazione del mondo naturale; l’importanza dell’educazione ambientale e della divulgazione per la tutela della biodiversità.

Sintesi convegno BIODIVERSITÀ IN NATURA (prima parte)

In questa sessione del workshop, dedicata ai paesaggi rurali come luoghi di tutela della biodiversità agricola e naturale, i relatori si sono concentrati su tre diversi habitat: i prati da sfalcio e da pascolo dell’area dell’ecomuseo di cascina Moglioni, il Lago d’Orta dell’ecomuseo del Lago d’Orta e Mottarone e i vigneti dell’ecomuseo delle Rocche del Roero e dell’ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite. Ad accomunare le rispettive esperienze la necessità di preservare tali ambienti, tradizionalmente plasmati dalla mano dell’uomo, con una serie di azioni mirate: studi storici e scientifici; interventi atti al ripristino e mantenimento; coinvolgimento delle comunità locali.

Ecomuseo di Cascina Moglioni
“I prati da sfalcio e i lepidotteri”
Relatori: Giacomo Gola, Ente di gestione delle Aree protette dell’Appennino piemontese, Matteo Paveto, Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese, Manuela Pesce, naturalista e insegnante.

foto E.Arecco

Gli ambienti aperti, i prati da sfalcio e da pascolo, assai diffusi in passato sull’Appennino, sono abitati da specie animali e vegetali di grande pregio naturalistico spesso a rischio di estinzione e pertanto inserite nella “Direttiva habitat” dell’Unione europea; ne è un esempio Euphydryas provincialis, la farfalla oggetto del primo intervento. Si tratta di un lepidottero di colore arancione che vola sui prati di Capanne Marcarolo per pochi giorni all’anno (dai 12 ai 24), alla fine di maggio, e che depone le uova su due piante prative: Knautia arvensis e Succisa pratensis.

Gli studi condotti in collaborazione con l’Università di Torino hanno dimostrato il buono stato di conservazione della popolazione presente nell’area di indagine e di conseguenza l’importanza di preservare questo habitat che, frutto del rapporto secolare tra uomo e  natura, dopo il massiccio abbandono della zona appenninica da parte dei contadini, tende naturalmente a essere sostituito dai boschi già presenti in un’ampia parte della superficie disponibile, con una conseguente perdita di ecosistemi.

Tra le azioni messe in campo dall’ente gestore dell’ecomuseo, a partire dall’attuazione del progetto europeo P.I.U.M.A (Programma di Interventi Unitari di Miglioramento Ambientale) e periodicamente reiterate, risultano centrali il monitoraggio (effettuato con la tecnica della cattura-marcatura-ricattura) e la ricerca di ulteriori areali della specie insieme alla gestione degli spazi naturali frequentati dal lepidottero attraverso pratiche tradizionali quali lo sfalcio, il pascolo non intensivo e la trinciatura. Per mantenere e vivere questi paesaggi strettamente legati ad attività antropiche ormai poco diffuse e però prioritarie per preservare la biodiversità e la microeconomia locale, hanno occupato un ruolo altrettanto significativo il confronto con i portatori di interesse, il coinvolgimento degli studenti impegnati nei PCTO (ex alternanza scuola lavoro) e l’organizzazione di giornate a tema aperte al pubblico.

Il progetto P.I.U.M.A., presentato al Premio Nazionale del Paesaggio 2021, ha ricevuto da parte del Ministero della Cultura una segnalazione con la seguente motivazione.

La Commissione ha ritenuto il progetto meritevole di segnalazione per l’azione volta a ripristinare ambienti di alto valore biologico quali le praterie e i prati-pascoli, habitat il cui valore paesaggistico viene spesso sottovalutato, dedicando particolare attenzione all’attuazione di processi partecipativi finalizzati ad arrivare all’adozione di strumenti normativi condivisi per la gestione sostenibile dell’area.

Per approfondire
www.areeprotetteappenninopiemontese.it
https://www.youtube.com/watch?v=jLWGf-33JI8&t=26s

Ecomuseo del Lago d’Orta
“Il ruolo degli Ecomusei nella tutela della biodiversità”
Relatore: Andrea Del Duca, coordinatore dell’ecomuseo

foto E.Arecco

Nel 1975 Eugenio Montale in una poesia dal titolo “Sul Lago d’Orta” aveva efficacemente descritto la desolante situazione di questo lago piemontese nel quale, a causa dell’acidità delle sue acque, era sparita quasi ogni forma di vita. Solo dal 1989, grazie a un’innovativa operazione di bonifica, effettuata attraverso un procedimento chimico chiamato liming, l’ecosistema si è gradualmente rigenerato favorendo il ritorno di specie animali e vegetali da tempo estinte. 

L’ecomuseo del Lago d’Orta si inserisce nel processo di riqualificazione a partire dal 2014, quando si comprese l’importanza di ricordare la portata della vicenda che 25 anni prima  aveva determinato la rinascita del lago. Sono seguite poi una serie di attività, tuttora in corso, tese al miglioramento e alla conservazione degli habitat naturali presenti con processi di partecipazione attiva e di formazione tra cui la sottoscrizione da parte di oltre 130 soggetti del “Contratto di Lago del Cusio” e la recente organizzazione di un corso di limnologia aperto alla cittadinanza. Insieme alla didattica, quest’ultima proposta, con la successiva nomina di 30 “sentinelle del lago”, si è posta un obiettivo fondamentale: far sì che i residenti imparino a conoscere la biologia del lago e segnalino eventuali criticità.

Un altro aspetto di primaria importanza è dato da specifiche azioni sull’ecosistema condotte dall’ecomuseo in collaborazione con il CNR-IRSA di Pallanza che prevedono: il biomonitoraggio delle cozze di lago, efficaci indicatori dello stato di salute delle acque; l’introduzione di protezioni utili a contrastare la scomparsa dei canneti, ecosistemi fondamentali anche per l’avifauna; la posa di legnaie atte a favorire il ritorno di alcuni pesci (luccio italico, adone, pigo, trota marmorata). Ai precedenti interventi di ripristino si aggiungono quelli finalizzati al contenimento di specie aliene invasive come, ad esempio, il gambero rosso della Louisiana.

Nell’ottica della disseminazione delle esperienze, merita infine una segnalazione la recente cooperazione con le comunità africane che vivono presso il lago costiero di Nokoué in Benin, incentrata sulla stesura di un loro “Contrat du Lac”. Pur inserendosi, infatti, in un contesto assai diverso, l’esempio piemontese può diventare un modello a cui ispirarsi per la gestione virtuosa anche di quell’area naturale.

Per approfondire 
http://www.lagodorta.net/
https://sites.google.com/view/contratto-lago-cusio/progetti-e-mappa/ris-orta
https://www.incubatoionaturale.it/mondo-sommerso-live/

Ecomuseo delle Rocche del Roero/ Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite
Il paesaggio rurale storico delle Rocche del Roero come frontiera della biodiversità
Relatore: Enrico Rivella, consulente Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare

foto E.Arecco

Il paesaggio rurale tradizionale dell’ecomuseo del Roero, inteso come luogo che pur continuando il suo processo evolutivo conserva evidenti testimonianze della sua origine e storia, rappresenta un esempio significativo di coevoluzione tra la biodiversità naturale e la biodiversità agricola. La storia geologica dell’area, insieme all’operosità delle comunità locali, ha contribuito alla formazione di ambienti naturali e agricoli molto diversi tra loro, dagli ontaneti alle zone umide, dai castagneti ai vigneti, habitat che rappresentano oggi un vero e proprio spazio di diversità biologica a cui si accompagna una ricca tradizione di prodotti tipici quali il tartufo bianco d’Alba, la pera madernassa, le circa 30 varietà di pesche e le uve del Roero. Costituiscono questo paesaggio così variegato infatti anche i cosiddetti vigneti “di frontiera”. Essi si trovano ai margini delle zone boschive e sono stati inseriti tra i siti Natura 2000 per l’alto valore ecologico dato dalla presenza di diverse specie animali (in particolare i pipistrelli) e vegetali. Preservare la biodiversità naturale è estremamente importante persino in ambito agricolo: studi autorevoli hanno infatti dimostrato come la ricchezza di organismi vegetali in una coltura permette maggiore produttività e protegge i campi (G. David Tilman). Analogamente i vigneti dell’ecomuseo dei terrazzamenti e della vite di Cortemilia presentano una situazione di grande valore ambientale: in essi vivono, tra le numerose specie vegetali, le ofridi, pregiate orchidee spontanee. Gli stessi muri a secco, perfettamente inseriti nel contesto naturale, diventano rifugio per animali e piante specificatamente adattate a un ambiente roccioso; ne sono un esempio Zamenis longissimus ed Erinaceus europaeus.

Tra i progetti più significativi, volti a tutelare e a promuovere queste aree agricole che convivono in armonia con quelle naturali, si ricordano le Mappe del paesaggio rurale, uno strumento per fare rete, condividere buone pratiche di gestione e favorire un turismo sostenibile a completamento del quale si rivela altrettanto significativa l’esperienza estetica del paesaggio in cui il visitatore si immerge. Coltivare la vite mantenendo, anzi assecondando i profili delle colline, rispettando la presenza di alberi e siepi, senza sbarramenti invasivi si può. Mantenere la biodiversità si può. Si deve. Il quadro finale può essere spettacolare (Ettore Chiavassa).

Per approfondire
https://www.ecomuseodellerocche.it/it/
https://ecomuseodeiterrazzamenti.it/
https://www.reterurale.it/mappepaesaggio

Sintesi convegno BIODIVERSITÀ IN AGRICOLTURA (seconda parte)

Nella seconda parte della mattinata è stato affrontato il tema dell’agricoltura, dell’allevamento e dello stretto rapporto tra le attività delle comunità locali e il paesaggio nel quale esse vivono e lavorano.

Ecomuseo di Cascina Moglioni
“La fiera del bestiame e il recupero delle razze locali”
Relatore: Lorenzo Vay, Ente di gestione delle Aree protette dell’Appennino piemontese

Il recupero delle razze bovine locali a rischio di abbandono e dell’antica fiera del bestiame di Capanne di Marcarolo, attuato dall’Ente di gestione delle Aree protette dell’Appennino piemontese e dell’Ecomuseo di Cascina Moglioni, rientra tra le pratiche virtuose per la tutela della biodiversità e della valorizzazione della storia e della cultura del territorio. Queste operazioni di salvaguardia a livello locale si inseriscono in un più ampio processo promosso dall’Unione Europea che, attraverso la Farm to Fork Strategy (European Green Deal), si pone l’obiettivo di giungere a un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. Anche la Regione Piemonte, in attuazione del Piano Strategico Nazionale PAC 2023-2027, incentiva misure di conservazione delle razze autoctone insieme alla produzione di filiere di nicchia e la valorizzazione di territori che altrimenti rimarrebbero marginali, riconosce inoltre agli allevatori il ruolo di custodi dell’agrobiodiversità. La “tortonese-varzese”, chiamata nell’area dell’Ecomuseo di Cascina Moglioni “montagnina”, ha storicamente una diffusione localizzata in una porzione dell’Appennino ligure-piemontese definito delle “quattro province (Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza)”; è una razza bovina rustica, di taglia media con tipiche corna a forma di lira. Si tratta di un animale longevo che si adatta a pascoli poveri e che ha una triplice attitudine (da latte, carne e lavoro). La “montagnina” è certamente la protagonista della Fiera del bestiame delle antiche razze locali di Capanne di Marcarolo (Bosio, Alessandria). Questa manifestazione, che si svolgeva nel giorno di Sant’Isidoro, è rinata nel 2002 grazie all’Ente di gestione delle aree protette dell’Appennino piemontese e al contributo di numerosi allevatori e di giovani appassionati come Evan, diventato asinaio a 6 anni; nel 2009 l’evento ha ottenuto l’importante riconoscimento di “Fiera Regionale Specializzata” mentre dal 2015 è diventata momento di confronto anche rispetto all’attività agricola svolta con la trazione animale. Ogni anno, alla fine di luglio, centinaia di persone giungono a Capanne di Marcarolo per osservare gli animali nelle loro attività dimostrative conoscere mestieri ormai quasi scomparsi come quello del mulattiere e del carrettiere e scoprire le numerose produzioni agricole e artigianali locali.

Ecomuseo del Biellese

“Nuove mappe per nuove comunità”

Relatore: Giuseppe Pidello, Coordinatore dell’Ecomuseo

La vita monastica, che ha rappresentato per secoli uno dei modelli vincenti di utilizzazione delle risorse e di aggregazione sociale, ritrova in questo momento storico la sua attualità: l’organizzazione comunitaria, il rapporto tra la dimensione del lavoro e la dimensione spirituale degli antichi monasteri possono offrire indicazioni importanti a chi voglia fondare i monasteri del terzo millennio e attuare la rivoluzione dolce di cui c’è bisogno oggi. (Maurizio Pallante)

La Trappa di  Sordevolo, cellula dell’Ecomuseo del Biellese, ha una storia antica, che ha inizio nella seconda metà del ‘700. La realizzazione del monastero, voluto dall’imprenditore Gregorio Ambrosetti, rimane tuttavia incompiuta e la struttura, tranne che per un brevissimo periodo durante il quale essa diventa rifugio di un gruppo di monaci trappisti in fuga dalla Francia della Rivoluzione, resta abbandonata per circa 200 anni. Solo alla fine degli anni ‘90 viene intrapreso un processo di rigenerazione di questo luogo da subito interpretato come parte di un paesaggio abitato da una comunità. Paesaggio, abitare e comunità sono state le parole al centro dell’intervento. Abitare un luogo significa vivere nel paesaggio, porsi tra la biodiversità naturale e la biodiversità culturale, plasmare gli ambienti, ricavando dai boschi naturali i prati per gli animali da pascolo, trasformare i prodotti della terra, che sono  di uno specifico paesaggio, in cibo; ne sono un esempio le castagne essiccate, prodotte e utilizzate nella ristorazione locale.

Essere Comunità significa condividere progetti come la costituzione nel 2003 della “Comunità del cibo” attraverso la quale la Trappa con il burro a latte freddo è diventata presidio Slow Food, o l’ “Accoglienza di comunità” che vede il coinvolgimento di una sessantina di imprenditori impegnati a proporre un diverso concetto di turismo. Essere Comunità significa infine lavorare e imparare insieme: la Trappa aderisce al programma culturale  WWOOF e  accoglie ogni anno persone che vogliono fare esperienze di vita e lavorare “alla pari” per un certo periodo. Nell’ambito della didattica, la “Scuola senza pareti” è certamente un modello di grande originalità. Fondata non solo sulla condivisione di saperi e di mestieri ma anche sull’acquisizione di competenze che servono per vivere quel paesaggio, si focalizza sull’arte del coltivare, dell’allevare razze autoctone, del recuperare terrazzamenti, selciati o muretti a secco e del trasformare le materie prime in cibo.

Si tratta inoltre di una scuola senza cataloghi o pacchetti predefiniti, una scuola legata alle stagioni, al meteo a quello che in quel momento l’abitare lì comporta; una scuola in continua evoluzione, capace di sperimentare nuove forme di apprendimento come  l’ideazione delle “transumanze educative”: un apprendere strada facendo attraverso il trasferimento e l’esplorazione o la creazione di mappe di comunità digitali e immersive che offrono agli studenti la possibilità di diventare i protagonisti del loro percorso formativo.
Per approfondimentI:
https://www.provincia.biella.it/aree-tematiche/turismo-cultura-e-sport/ecomuseo-del-biellese
https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/25193