FILALALANA
Ghita diceva: “Mamma, a che filate?
Nessuna fila in Mèrica. Son usi
d’una volta, del tempo delle fate.
Oh yes! Filare! Assai mi ci confusi
da bimba. Or c’è la macchina che scocca
d’un frullo solo centomila fusi.
Oh yes! Ben altro che la vostra ròcca!
E fila unito. E duole poi la vita
e ci si sente prosciugar la bocca!„
La mamma allora con le magre dita
le sue gugliate traea giù più rare,
perché ciascuna fosse bella unita.
Vedea le fate, le vedea scoccare
fusi a migliaia, e s’indugiava a lungo
nel suo cantuccio presso il focolare.
Diceva: «Andate a letto, io vi raggiungo».
Vedea le mille fate nelle grotte
illuminate. A lei faceva il fungo
la lucernina nell’oscura notte.
G. Pascoli
Domenica 9 ottobre 2022, negli spazi espositivi di Palazzo Gazzolo di Voltaggio, si è svolto il laboratorio Filalalana, un workshop dedicato ai bambini e alle loro famiglie.
I giovani partecipanti, dopo la visita del percorso museale sulla cultura contadina, hanno sperimentato la tecnica della filatura tradizionale della lana utilizzando il tipico arcolaio a due pedali, modello esclusivo delle cascine di Capanne di Marcarolo.
Presente dall’inizio del Neolitico in numerose parti del mondo, la filatura della lana in Occidente acquisì un ruolo centrale in ambiente prima greco e poi latino tanto da essere prerogativa, secondo il mito, delle divinità e diventare argomento di numerose opere classiche. Il processo di lavorazione, rimasto per secoli immutato, subì, con la diffusione dell’industria, una radicale trasformazione di cui ci danno un’importante testimonianza letteraria i versi di Giovanni Pascoli sopra citati. Nonostante i rapidi cambiamenti, però, tale pratica ancestrale si mantenne a lungo nella sua forma originale nelle zone più remote dell’Appennino. A Capanne di Marcarolo, dove era presente questo particolarissimo modello di arcolaio, costituiva infatti una delle principali occupazioni delle donne della zona, ancora a metà del ‘900. Essa non rappresentava solo un lavoro manuale ma un mondo ormai lontano, fatto di lunghi inverni, di veglie e di un antico sapere che consisteva nell’usare le risorse con grande consapevolezza.
L’intento del pomeriggio trascorso insieme, attraverso la visita al museo e l’esperienza laboratoriale, è stato quello di illustrare un sapere legato alle comunità dell’area – in particolare quella di Capanne – fondate su antichi valori e modi di vivere altrove dimenticati, affinché anche i più piccoli possano conoscere e sperimentare, in un clima di amicizia e di condivisione, quelle attività che, pur non facendo più parte della loro quotidianità, risultano essere elemento costitutivo del patrimonio culturale del territorio dell’Ecomuseo.
L’evento rientra tra le iniziative del progetto Donne d’Appennino, ideato dall’Ecomuseo di Cascina Moglioni nell’ambito di una collaborazione triennale tra Regione Piemonte, Rete degli Ecomusei del Piemonte, Fondazione Piemonte dal Vivo, Fondazione Abbonamento Musei, con il contributo della Fondazione CRT; per la sua realizzazione, preziosa è stata inoltre la disponibilità dell’Ecomuseo della Pastorizia, specializzato nell’antica tecnica del feltro, che ci ha gentilmente donato la lana delle sue pecore sambucane – razza autoctona delle montagne della Valle Stura – e con il quale sarebbe interessante realizzare un percorso didattico-culturale condiviso.
Per approfondimenti sulla pecora sambucana e sui laboratori dedicati all’infeltrimento della lana promossi dall’Ecomuseo della Pastorizia: https://www.ecomuseopastorizia.it/