La fauna - i pipistrelli

I chirotteri, volare con le mani

 

In Italia sono presenti 97 specie di Mammiferi terrestri,  31 di queste appartengono all’ordine dei Chirotteri (dal greco keir, mano e pteron, ala, letteralmente “mano alata”). Appare subito evidente come nell’ambito della “biodiversità” espressa dai nostri Mammiferi, i pipistrelli giochino un ruolo essenziale. Nonostante ciò, se da un lato esiste un diffuso senso di preoccupazione per la sorte delle specie minacciate che investe ormai un’ampia fascia della nostra popolazione e che nell’ambito dei Mammiferi è rivolto a specie quali la lontra, il lupo, i Cetacei, esiste un senso di totale disinteresse nei confronti dei pipistrelli.

E’ sufficiente dare un’occhiata alla letteratura specialistica, tuttavia, per rendersi conto di quanto la situazione dell’ordine sia drammatica: nell’ambito delle 14 specie di Chirotteri europei per le quali lo I.U.C.N. ha espresso una valutazione dello status di conservazione (I.U.C.N., 1996) 8 sono minacciate d’estinzione (categoria IUCN “specie vulnerabili”), 5 rischiano di venire a far parte, in un vicino futuro, della stessa categoria (“specie prossime ad essere minacciate”) e una diverrebbe rapidamente minacciata d’estinzione qualora fossero meno determinate misure di conservazione (“specie dipendente da azioni di conservazione”).

Le cause principali di tale declino, pur differenziate, hanno comune denominatore nelle alterazioni ambientali provocate dalle attività antropiche e nella peculiare sensibilità al disturbo che caratterizza i Chirotteri nelle fasi d’ibernazione e riproduzione.

L’impiego irrazionale per fini agricoli d’insetticidi e altre sostanze tossiche provoca distruzione e contaminazione degli Insetti. Per i pipistrelli ciò significa una riduzione della propria fonte alimentare e il rischio d’intossicazione per assunzione di prede contaminate.
Concomitante e drammatica la distruzione degli ambienti frequentati dalle varie specie: siti di rifugio, riproduzione e ibernazione vengono cancellati da interventi forestali (abbattimento degli alberi cavi), da demolizioni o ristrutturazioni di vecchi edifici, dal disturbo, dalla distruzione o  chiusura totale di grotte,  cave e miniere abbandonate. Talora, spazi abitualmente frequentati dai pipistrelli, vengono resi inutilizzabili a causa dell’impiego di sostanze chimiche antifungine e insetticide, usate in particolare nei trattamenti delle strutture in legno.
Infine sono purtroppo da ricordare anche episodi vandalici di uccisione diretta, spinti fino alla distruzione di intere colonie.

Dal punto di vista legislativo i Chirotteri sono protetti in tutta Europa. In Italia la normativa vigente in materia di caccia e tutela della fauna (L. 11/2/92, n. 157) ne sancisce la “particolare protezione”, facendo riferimento ad accordi internazionali (Convenzione di Berna, Convenzione di Bonn, Direttiva 92/43/CEE).

Mancano tuttavia, al presente, efficaci norme di tutela degli habitat e dei siti di rifugio, ibernazione e riproduzione delle varie specie, pur propugnate dalla comunità internazionale e di cui si trovano ottimi esempi nella legislazione degli altri paesi europei. In Gran Bretagna, in particolare, il Wildlife and Countryside Act (1981) protegge i Chirotteri e i loro rifugi anche quando gli animali non sono presenti e ogni qualvolta si intende eseguire sugli edifici interventi che possono danneggiare i pipistrelli si deve interpellare l’Ente governativo competente.

Lo studio dei Chirotteri in natura risulta particolarmente complesso. Le abitudini notturne, la difficile individuazione dei posatoi, la difficoltà di determinazione delle specie e la loro ampia diffusione, rende difficile ogni operazione di monitoraggio di questi animali. Inoltre, le loro vocalizzazioni, non percettibili dall’orecchio umano, sono identificabili solo con appositi strumenti.

Per la particolare biologia di questi mammiferi è necessario utilizzare il maggior numero di metodologie che sono complementari tra loro, al fine di ottenere un accurato ed esaustivo studio sulla distribuzione di questi animali. L’adozione di una sola tecnica potrebbe, infatti, essere insufficiente portando a sottostimare il numero e la frequenza delle specie realmente presenti nell’area indagata.

 

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