Sentieri

Sentiero Voltaggio – monte Tobbio

Segnavia CAI

Segnavia FIE

Località di partenza: Voltaggio m 353 s.l.m.

Località di arrivo: Monte Tobbio m 1092 s.l.m.

Dislivello totale: 750 m circa

Tempo di percorrenza stimato: 2.30 ore

Difficoltà: E

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Il meno conosciuto degli itinerari che conducono al Monte Tobbio ha come punto di partenza il borgo di Voltaggio, comune del Parco situato nell’Alta Val Lemme, lungo la Strada Provinciale che conduce al Passo della Bocchetta e ricalca il tracciato dell’antica Via Postumia romana, strada che metteva in comunicazione la costa ligure con l’Oltregiogo e con la Pianura Padana

Il paese, incastonato tra il torrente Lemme e il rio Morsone, merita una visita per il suo  aspetto di antico borgo appenninico abbellito dai sontuosi palazzi in stile genovese, costruiti dalle famiglie nobili di  Genova che trascorrevano qui la villeggiatura estiva. Uno di questi, Palazzo Gazzolo, ospita  il Centro di Documentazione per la Storia e la Cultura Locale realizzato dall’Ente Parco.

Di notevole interesse è anche la Quadreria dei Cappuccini, dove sono conservati dipinti di pittori appartenenti alla scuola ligure.

Per iniziare la salita al Monte Tobbio si può partire dalla centrale Piazza Garibaldi, con la chiesa parrocchiale dominata da una torre campanaria del XVII secolo, oppure da Piazza De Ferrari, in corrispondenza di Palazzo Gazzolo.

Entrambi i percorsi sono indicati da segnavia e conducono al crinale che separa la Val Lemme dalla Valle del Morsone.

Dopo aver incontrato la strada sterrata che ugualmente sale dall’abitato di Voltaggio, si prosegue in costante salita inoltrandosi in un bellissimo bosco di castagni. 

Raggiunta la radura dove un tempo sorgeva la Cascina Colletta (m 580), la strada sterrata si tramuta nuovamente in sentiero, che permette di raggiungere il confine del Parco e di seguirlo per un buon tratto lungo il crinale panoramico della Costa di Cravara. 

Il Bric Castiglione e e la sua imponente costa dominano la vista, e la cima del Monte Tobbio, ancora lontana, appare all’altezza del Pulpito del Diavolo, gigantesca piattaforma di roccia a picco sulla valle del rio delle Martelle.

La costa di Cravara è coperta da rimboschimenti di conifere (pino nero, pino marittimo, pino silvestre), che sono diffusi in tutto questo lembo di Appennino e risalgono alla prima metà del 1900, quando le loro caratteristiche ecologiche (rapido accrescimento, forte adattabilità e plasticità) furono giudicate adatte per ottenere in tempi relativamente brevi la copertura dei versanti pesantemente disboscati nel corso dei secoli. 

Considerati a distanza di tempo questi rimboschimenti realizzati con specie non autoctone,  si sono dimostrati poco adatti alle particolari condizioni stazionali del territorio, subendo gli attacchi di processionaria e di malattie fungine, gli schianti da neve pesante e  la devastazioni degli incendi. Tuttavia hanno contribuito a creare una copertura forestale e favorito l’insediamento di alcune specie ornitiche, quali il biancone (Circaetus gallicus), che qui nidifica esclusivamente su pino nero e pino marittimo, la cincia dal ciuffo (Parus cristatus) e il crociere (Loxia curvirostra).

Alternando tratti in piano a tratti in salita, il sentiero raggiunge il versante est del Monte Tobbio  e si unisce con quello che  proviene dal valico Eremiti (m 740 – palina indicatrice) .

Lasciata la pace e la solitudine che caratterizza la Costa di Cravara, l’itinerario ora si sviluppa interamente in salita, incontrando l’intersezione con gli altri itinerari che portano al Monte Tobbio: raggiunto il ventoso Passo della Dagliola,  si gira a destra e con ampi tornanti si raggiunge la cima.

Se la giornata è tersa lo sguardo può spaziare a trecentosessanta gradi su un panorama che comprende i laghi del Gorzente, il Mar Ligure, la pianura padana, i rilievi alpini dalle Alpi Marittime alle Alpi Retiche, nonché quelli appenninici della vicina Val Borbera.

Se invece il tempo è nuvoloso e freddo e il Tobbio “ha il cappello” (… di nuvole, come si dice da queste parti) si può sfuggire al vento riparandosi nel piccolo rifugio, spartano ma sempre aperto e attrezzato con stufa, tavoli e panche, annesso alla chiesetta costruita alla fine del 1800 e dedicata a Maria Santissima di Caravaggio.

La piramide del Monte Tobbio, massiccia  ed elegante al tempo stesso, domina la pianura alessandrina e cattura lo sguardo: meta particolarmente amata dagli escursionisti, ha un significato più profondo per i residenti, che identificano nella sua sagoma familiare l’appartenenza al territorio dove vivono.

Con i suoi 1.092 metri non è la cima più elevata, ma nessuno mette in dubbio che lo sia: occorre una maggior conoscenza dell’orografia del Parco per scoprire che il Monte delle Figne (m 1.172)  lo supera in altezza, anche se di poco.

Il paesaggio che caratterizza  il Monte Tobbio è a tratti quasi lunare: lungo i versanti aspri e rocciosi la vegetazione stenta ad affermarsi, individuando una copertura più arbustiva che arborea.

Eppure un tempo questo territorio era coperto di boschi rigogliosi, gradualmente ma inesorabilmente distrutti dal disboscamento iniziato con l’introduzione delle pratiche agricole da parte dei monaci cistercensi e culminato durante il dominio genovese: la legna fu prima destinata i cantieri navali della Repubblica di Genova e in seguito alle attività siderurgiche e alle fornaci sorte in Valle Stura.

Oggi il bosco naturale sta lentamente tornando: il processo di colonizzazione di piante pioniere come il sorbo montano (Sorbus aria) e l’orniello (Fraxinus ornus)  si nota poco lungo i sentieri più frequentati, ma ha già aperto la strada al bosco misto con prevalenza di rovere lungo il versante ovest della montagna.

Affascinante in ogni stagione, in primavera il Monte Tobbio si ricopre di fiori, il più prezioso dei quali è certamente l’Astro alpino (Aster alpinus), specie montana che qui raggiunge il suo limite altitudinale più basso. 

Fioriscono in densi cuscinetti colorati apparentemente ancorati alla nuda roccia le specie legate al particolare substrato che caratterizza dal punto di vista geologico il Monte Tobbio: le rocce ofiolitiche, particolarmente  ricche  in magnesio e  metalli pesanti, hanno selezionato specie poco sensibili alla tossicità del suolo, tra le quali è opportuno segnalare i principali endemismi, ossia le specie che hanno una distribuzione limitata a determinate aree geografiche, in questo caso al cosiddetto  “Gruppo di Voltri”: il Cerastio di Voltri ( Cerastium utriense), la Viola di Bertoloni (Viola bertolonii) el’Aquilegia delle ofioliti ( Aquilegia ophiolithica), di recente individuazione. 


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